Il 
                sociologo Wolfgang Sofsky denuncia come ormai nemmeno più avvertiamo 
                l'incessante sorveglianza: ogni minimo dato e atto della nostra 
                vita è registrato, eppure nessuno sembra spaventarsi. 
                 
                Oggi l’incessante sorveglianza non viene praticamente avvertita 
                dalla maggior parte delle persone.  
                Tecnica e attuazione dello spionaggio quotidiano hanno luogo senza 
                che la gente quasi se ne accorga. Da un pezzo si è abituata alle 
                telecamere, alle tessere degli sconti e ai messaggi pubblicitari. 
                Alcune cose appaiono fastidiose, altre inevitabili, molte sono 
                invisibili e ignote. Le telecamere promettono sicurezza, i servizi 
                informatici offrono comodità.  
                A parte qualche sporadica seccatura, il cittadino trasparente 
                apprezza le facilitazioni dell’era digitale.  
                Senza esitazioni rinuncia a essere inosservato, anonimo, inaccessibile. 
                Non avverte la perdita della libertà personale. Nemmeno immagina 
                che ci sia qualcosa da difendere.  
                 
                È troppo poco geloso della propria sfera privata per preservarla 
                a costo di altri vantaggi. La privatezza non è un programma politico 
                che possa portare voti. La tutela del segreto non è un compito 
                suscettibile di consenso nelle società della comunicazione dilagante. 
                 
                L’esigenza di essere lasciati in pace è poco diffusa. Contrasta 
                troppo con lo spirito di un’epoca che butta tutto in politica 
                e antepone la notorietà alla privatezza.  
                Ma il fatto che la protesta latita e la difesa è fiacca non implica 
                che il pericolo sia irrisorio.  
                 
                Le persone lasciano più tracce di quanto immaginano.  
                A nessuno è più concesso di sottrarsi tacitamente alla società 
                e di essere lasciato in pace.  
                La pista è così ampia che investigatori capaci sono in grado di 
                appurare in un attimo dove uno è stato e con chi ha parlato. Non 
                è possibile per il singolo cambiare maschera di nascosto e diventare 
                altro da quello che è.  
                Non può travestirsi né scomparire per qualche tempo. Il suo corpo 
                viene continuamente passato ai raggi, il suo percorso di vita 
                registrato, la sua condotta documentata. E quanto più a lungo 
                i dati restano memorizzati, tanto più scarse le possibilità dell’oblio. 
                Il sapere archiviato aumenta quotidianamente. In caso di dubbio 
                ogni fatto del passato può essere ricostruito.  
                Nulla viene trascurato, ignorato, perdonato. Perciò gli individui 
                sono condannati ad affidarsi totalmente a se stessi. Devono mettere 
                in conto ogni traccia, valutare preventivamente tutte le conseguenze 
                delle proprie azioni.  
                Se ogni negligenza, ogni errore, ogni leggerezza vengono registrati, 
                la spontaneità dell’agire è compromessa.  
                Ogni azione viene esaminata e giudicata. Nulla sfugge all’attenzione. 
                 
                 
                Il passato soffoca il presente, e al futuro non si affida comunque 
                nessuno, perché nessuno è in grado di assumersi la responsabilità 
                delle proprie predilezioni, disattenzioni e inaffidabilità.  
                Se a intervalli regolari non venissero cancellati certi dati e 
                fatte sparire certe tracce, gli esseri umani sarebbero reclusi 
                nel carcere della loro storia. Queste prospettive però non sembrano 
                spaventare nessuno.  
                Nelle odierne società occidentali vige – come si suole dire – 
                la legge del cambiamento, della caducità. Le mode vanno e vengono, 
                i conoscenti mutano, i pensieri sono già svaniti prima ancora 
                di prendere corpo. Ovunque si diventa testimoni involontari di 
                discorsi insulsi. Massa, volume acustico e velocità della comunicazione 
                sono esplosi.  
                 
                Nonostante i programmi di filtraggio, nessun teleschermo sarebbe 
                in grado di preservare in modo attendibile tutte le tracce sospette 
                nel caos dei suoni e delle immagini. Il primo interesse non è 
                il segreto privato, ma la messa in scena pubblica di se stessi. 
                Chi non si vede, non esiste, dice la legge della società mediatica. 
                 
                Non si teme di essere spiati, ma di non essere notati. La gente 
                di oggi pare costantemente dedita a fissare la propria immagine. 
                Perché mai uno dovrebbe essere infastidito dalla telecamera nel 
                centro commerciale, quando egli stesso corre da un’istantanea 
                all’altra mettendosi subito in posa davanti a ogni nuovo sfondo? 
                 
                 
                Per farsi ancora notare nel guazzabuglio mediatico e lasciare 
                una traccia nella memoria sociale, oggi molti ricorrono a espedienti 
                stravaganti. Ogni mezzo è buono; le loro esternazioni sono stridule 
                e isteriche, le loro opinioni astruse e demenziali, il loro aspetto 
                bizzarro ed eccentrico.  
                A ogni costo vogliono apparire sui teleschermi nazionali per riversare 
                sui telespettatori le banalità della loro esistenza.  
                Una volta spenti i riflettori, scompaiono di nuovo nella massa 
                senza troppo rumore.  
                 
                La smania volgare di effimero protagonismo accelera la distruzione 
                del privato.  
                L’economia della notorietà rende ciechi nei confronti del pericolo 
                politico. Il desiderio di emergere personalmente ha perso da un 
                pezzo il senso del privato. Dunque non è il caso di dare il cessato 
                allarme.  
                Peggio ancora: sono proprio necessarie le apparecchiature radioscopiche, 
                se le persone si mettono a nudo volontariamente? Superflue appaiono 
                le intercettazioni ambientali, se i colloqui a quattr’occhi rappresentano 
                soltanto una parte infinitesimale della comunicazione, mentre 
                i dialoghi per telefono, telescrivente o Internet possono essere 
                registrati in qualsiasi momento.  
                È proprio necessario captare e registrare ogni sillaba, se il 
                diluvio di parole delle conversazioni quotidiane cela soltanto 
                il vuoto dell’insignificanza? Non ci sarà neppure più bisogno 
                di telecamere, dato che nel prossimo futuro ognuno porterà con 
                sé una carta di identità grazie alla quale sarà sempre possibile 
                scoprire dove si trova.  
                 
                © 2007 by Wolfgang Sofsky 
                © C. H. Beck Verlag 2007 
                © 2010 G. Einaudi, Torino 
                Traduzione di Emilio Picco  
                 
                Tuttolibri - 30 Gennaio 2010  |